TEATRORTAET

Se le conseguenze dell’aristotelismo nei secoli sono state quelle di stabilire solide certezze, che hanno spesso procurato non trascurabili danni alla cultura fino ai giorni nostri, a partire dagli anni sessanta del secolo scorso, le arti dello spettacolo (si ricordi in particolare il film di Alain Resnais “L’anno scorso a Marienbad”, Leone d’Oro, Venezia, 1961), mediante scenografie di stile teatrale, hanno iniziato a scalfire tale roccaforte di certezze, almeno per quanto riguardava certi orientamenti delle ancora giovani scienze psicologiche.

Ciò che viene messo in crisi, in ordine alla tesi sartriana “l’esistenza precede l’essenza”, è anche l’ontologia platonica (non meno perniciosa delle categorie aristoteliche), alla quale Ignacio Matte Blanco darà poi il colpo finale, allargandosi oltre la stessa psicoanalisi freudiana.

Ma è il teatro, che, per propria natura, veniva a trovarsi in posizione particolarmente privilegiata a raccogliere la sfida della destrutturazione delle certezze, e della ricerca della interazione dei ruoli tra attori e spettatori, fino a giungere, come recentemente mi è capitato di vedere a Parigi, a variazioni in tempo reale della narrazione in base alle richieste del pubblico, il quale veniva chiamato dagli stessi attori a esprimere la propria opinione a riguardo della indole dei personaggi, e, quindi di quello che avrebbe potuto essere il loro comportamento e ruolo nel seguito della rappresentazione…

Il bravo attore di teatro, oggi, non è certo quello che solo è in grado di portare in scena se stesso, ma neanche quello che, con camaleontica competenza, solo e soltanto sa interpretare le connotazioni dei personaggi rappresentati, senza che nulla traspaia di sé.

Insomma, se da Pirandello in poi la psicoanalisi ha platealmente sposato il teatro (che ne era ovviamente intriso fin dalle lontane origini classiche), oggi gli attori di teatro devono essere provvisti di un’ulteriore dote comunicativa rispetto al passato, quella in grado di essere empatici con il pubblico. Ciò è di massima importanza, al pari della versatilità.

Tali riflessioni sono state spontaneamente originate dall’avere recentemente assistito a una felice rappresentazione itinerante di Teatrortaet in una villa veneta (Villa Obizzi). Ben diversamente da quanto si potesse aspettare chi avesse pensato di trovarsi di fronte ad attori amatoriali, che recitavano nel corso di una iniziativa aperta al pubblico in una villa di periferia, lo spettacolo si è rivelato di altissimo livello, in particolare per la bravura di Alessandra Brocadello, la quale con la più assoluta naturalezza, dal dialetto veneto, mediante il quale, recitando, simultaneamente familiarizzava e celiava con il pubblico, è passata ad esprimersi in esibizioni canore che nulla avevano da invidiare alla migliore operistica.

Dovevo poi scoprire che l’attrice, oltre ad aver conseguito un diploma di pianoforte al conservatorio, è anche una psicanalista che pratica teatroterapia…

Si può allora comprendere il motivo per cui, oltre a quelle delle più importanti ville venete (prossimamente quelle di Villa Pisani), per Teatrortaet si apriranno perfino le porte della Cappella degli Scrovegni.

Riccardo Panigada

Direttore responsabile:

Negli anni '80, mentre è ricercatore nel campo della bioingegneria, pone le basi per la teoria dell'Onfene (Manzotti-Tagliasco), e collabora a diverse testate tra cui «Il Sole 24 Ore», «Il Corriere Medico», «Brain», «Watt». È giornalista professionista, membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis), e la sua originalità è quella di filtrare la divulgazione scientifica attraverso la riflessione epistemologica. E' inoltre docente di Filosofia e Scienze Umane nei licei.

Ha pubblicato: Il percorso dei sensi e la storia dell’arte (Swan, 2012); Le neuroscienze all'origine delle scienze umane (Cleup, 2016).

Attualmente sta lavorando a un nuovo saggio in tema di Psicologia cognitiva alla luce delle neuroscienze.

Dirige anche Tempo e Arte (tempoearte.it).