Ottimismo e catastrofismo alimentare*

Come alimentarsi oggi? La nutrizione è un fenomeno complesso che può essere illustrato con uno schema. L’uomo, il cibo, l’ambiente e la cultura sono gli elementi che formano lo spazio alimentare. I rapporti tra questi quattro elementi sono complessi, e, in ogni generazione evolvono da una situazione tradizionale a una prospettica.

Pertanto, ognuno di noi si trova al centro di un quadrato in cui le sue scelte sono determinate dalla propria costituzione fisica, dal cibo che ha a disposizione, dall’ambiente in cui si trova, e dalla sua cultura alimentare.

Ceroplastica anatomica: "[...] anche dentro la bellezza c'è quello che si mangia" (A.Sbarbati)
Ceroplastica anatomica: “[…] anche dentro la bellezza c’è quello che si mangia” (A.Sbarbati)
È quindi partecipe di uno spazio alimentare che lo condiziona, sia a partire dal passato, con il peso delle tradizioni ambientali, sia guardando al futuro, con le nuove tendenze. L’uomo alimentare può essere visto pertanto come al centro di un solido geometrico a forma di ottaedro, e di volta in volta si sposterà verso uno dei vertici a seconda dei casi. Ai vertici del solido troviamo gli elementi che determinano le scelte alimentari: Corpo; Cibo; Ambiente; Cultura; Tradizione; Tendenza prospettica. Nel loro insieme questi aspetti determinano l’ambiente alimentare, che può essere visualizzato come il volume del solido.

Se il mondo fosse perfetto, e noi stessi lo fossimo, lo spazio alimentare sarebbe virtualmente infinito, e noi potremmo mangiare tutto quello che vogliamo. Purtroppo non è così. In alcuni casi il nostro corpo ci pone dei limiti. Siamo anziani, abbiamo delle malattie, allora dobbiamo ridurre i tipi di cibi che possiamo mangiare, In alcuni casi la restrizione è dovuta al tipo di cibi di cui disponiamo, in altri casi sono l’ambiente o la nostra cultura a porci dei limiti. In definitiva, per ognuno di noi lo spazio alimentare reale è sempre molto minore del teorico.

Il tetraedro assume una forma irregolare a causa delle nostre limitazioni. Il primo punto è imparare a conoscere i nostri limiti. Volerli superare è spesso la causa dei problemi. E’comunque difficile pensare che lo spazio alimentare possa essere uguale per tutti, ognuno di noi ha delle peculiarità, e ottimizzare l’alimentazione sulla nostra situazione è uno sforzo che può essere utile, a volte divertente, raramente è anche indispensabile.

Tra ottimismo e catastrofismo alimentare, sono a favore del primo atteggiamento. Penso che con tutti i suoi limiti la nostra alimentazione non sia poi così male. La popolazione vive di più ed è molto più sana che in passato. Ma soprattutto penso che ci sia oggi la possibilità di mangiare bene. Ciò nasce da una enorme scelta. All’inizio della sua preistoria, l’uomo era in una foresta e doveva scegliere cosa mangiare. C’erano migliaia di cose, delle quali alcune nutrienti, altre velenose. Chi sceglieva bene sopravviveva. La giungla, con la sua ricchezza, non era il problema: il problema era saper scegliere. Oggi viviamo in una giungla simile, ricchissima di cose da mangiare. Alcuni sono dei bei funghi molto colorati, facili da raccogliere ma velenosi. I prodotti migliori spesso sono nascosti, più difficili da trovare, ma ci sono. Il dover lottare per sopravvivere porta spesso ad un miglioramento. E’ difficile pensare a un acquisto al supermercato, con il carrello in mano come una lotta, ma, in realtà, è così.

La risposta dell’uomo alle giungle è sempre stata una risposta di cultura, si studiano i pericoli e si impara ad evitarli. Soprattutto si insegna ai bambini come evitarli. Questa è la strada giusta. Poi sediamoci a tavola, mangiamo rilassati e con ottimismo.

Un grande cambiamento nel corpo umano è stato introdotto circa diecimila anni fa, quando l’uomo ha cominciato a coltivare su larga scala gli alimenti vegetali e ad allevare gli animali. La nascita delle città ha portato a un cambiamento nelle strutture sociali, e l’introduzione di nuovi alimenti ha cambiato anche la morfologia della popolazione umana.

Per tale motivo alcuni ricercatori nord-americani hanno proposto di ritornare al tipo di nutrizione dell’uomo preistorico. In generale, tali diete si basano sull’esclusione del latte e dei cereali coltivati ritenuti innaturali per l’uomo, come del resto per tutti i mammiferi. Sia gli erbivori che i carnivori non fanno infatti uso di latte dopo il divezzamento, inoltre la coltivazione dei cereali ha portato all’utilizzo di grandi quantità di carboidrati stravolgendo completamente la dieta.

La scienza ci dà dei dati precisi ma difficili da interpretare, che in effetti sono letti in modo molto diverso dalle varie parti, e usati per sostenere la propria tesi. Se prediamo due parametri, l’alimentazione e la durata della vita, sembra che non ci siano stati poi enormi cambiamenti dal tempo dell’Italia preromana fino al secolo scorso. I dati dicono che l’aspettativa media di vita era intorno ai 45 anni (e sia rimasta tale per secoli), e che la popolazione viveva nelle campagne. Sembra dunque che l’alimentazione fosse molto povera, soprattutto vegetali e poco variata.

Negli ultimi decenni, l’alimentazione è chiaramente cambiata, la vita si è allungata di molto, e anche il fisico è cambiato, siamo molto più alti dei nostri nonni. Questi fenomeni non sono dovuti al solo abbattimento della mortalità infantile, ma ad una reale facilità nel superare i settanta anni. Oggi abbiamo una popolazione anziana, sana, atletica, e in buona forma, che non è mai esistita. Tale cambiamento và attribuito ovviamente a tante cause, è diminuita la mortalità preinfantile, quella dovuta al parto, quella dovuta alle malattie infantili, ma il miglioramento dell’alimentazione ha sicuramente fatto la propria parte. Tale miglioramento è costituito in un aumento delle calorie, delle proteine, delle vitamine, e in un aumento della varietà dei cibi assunti. Basti pensare che la fame è sicuramente ancora oggi il principale problema del mondo, la prima causa di morte, e il principale problema che si intravede per il futuro.

È indubbio che nei paesi sviluppati la dieta sia migliorata nel secolo scorso, ed è altrettanto chiaro che il regime dietetico stia scadendo negli ultimi anni, proprio per problemi opposti a quelli dl passato. L’obesità sta diventando un vero problema sociale, e considerando le gravi conseguenze cui si associa e verosimile, che tale epidemia ostacolerà significativamente ulteriori miglioramenti della vita, sia in termini di durata, sia di qualità, negli anni futuri.

Parallelamente si assiste a un progressivo scadimento della qualità degli alimenti che ci vengono proposti. Ciò è dovuto a necessità di produrre a prezzi sempre più bassi, e di ottenere cibi che vengano scelti perché sono buoni, puntando, per ottenere tale risultato, all’uso di dolcificanti, additivi, conservanti o altre sostanze di sintesi artificiale.

Sembra dunque che l’alimentazione negli ultimi anni abbia percorso una parabola segnando una fase di crescita, che ha determinato un miglioramento della vita e un suo allungamento, seguito da un fase discendente, che sta generando una serie di problemi di difficile soluzione.

Come esempio di ciò si può portare lo stile alimentare del dopoguerra italiano. In tale fase vigevano tutti gli schemi alimentari di una società precedente, che non esisteva più. La società precedente era tendenzialmente contadina, molto povera. In quel contesto in cui la denutrizione era quasi la norma, la mortalità infantile era elevata. Nel dopoguerra la situazione si è rovesciata, e la quantità di alimenti era assolutamente senza limiti. Ma la testa della gente era rimasta la stessa. Le convinzioni che la carne fosse qualcosa di preziosissimo, e che andasse mangiata in quantità enormi, era un concetto della generazione precedente, che era rimasto scritto nelle menti.

Negli ultimi anni, la vita si è allungata di circa dieci anni. Questo è un dato che fa molto discutere, e viene visto e commentato in modo diverso. Secondo me il dato si legge così: la popolazione che moriva negli anni ottanta è vissuta più delle precedenti, perche l’alimentazione è migliorata, ed è vissuta in un ambiente generalmente migliore, i più sicuro di quello delle generazioni precedenti; la popolazione che muore oggi è più colta dal punto di vista dell’alimentazione, e con stili di vita più sostenibili. Le cose pertanto non vanno in generale così male. Il problema è cosa accadrà alla popolazione nei prossimi anni?

(*) – di Andrea Sbarbati, direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona  – http://www.medicina.univr.it/fol/?ent=persona&id=1067

Andrea Sbarbati

Direttore Dipartimento Neuroscienze, biomedicina e movimento - Università di Verona.