Crepet: Per amare veramente e non ripetersi mai…
19 giugno, Mestre, Teatro Toniolo, il caldo è intenso, la platea ricolma, il loggione quasi al completo. Le luci si assopiscono lentamente e dopo un preludio al pianoforte del maestro Marcello Mazzoni compare Paolo Crepet e prende posto su una sedia, di fronte ad un palco spoglio, senza fronzoli, protagoniste parola e musica.
“Mi sento a casa” e dopo aver salutato la zia tra le prima file esordisce con una domanda, una di quelle “leggere” delle sue, esistenziali e profonde come buchi neri nell’universo:
“Cosa sta succedendo all’amore?”
La risposta arriva ma è complessa, richiede pazienza e si svela attraverso aforismi nati di fronte ad un microfono ed esperienze di vita vissute da Crepet stesso.
Seguire le emozioni più grandi, questo è tutto il senso dell’esistenza. Crepet invita ad amare, amare la bellezza, amare ciò che ci circonda e non essere avari di amore.
E così ci racconta di quell’ uomo, ipovedente, incontrato a Parigi, ad una mostra sull’impressionismo, non a caso un movimento artistico che tentò di catturare la luce. Quell’uomo non vedeva un granchè e reggeva un bastone per orientarsi ma era lì per cercare la luce. Chissà, forse aveva visto quei quadri in passato già molte volte, ma anche nel suo mondo buio continuava a cercare la luce. Questo ci insegna che la curiosità è importante per scoprire cos’è l’amore. Luce, amore, ricerca, una triplice alleanza che per Crepet racchiude il senso più profondo dell’esistenza. Persino chi non può più vedere bene la luce può continuare a cercarla, persino senza vedere la bellezza si può amare il bello.
Possiamo amare quello che abbiamo fatto in passato, quello che stiamo facendo e quello che faremo. Continuare a cercare la luce anche nel buio dipende da noi.
Riposa le parole mentre il maestro Mazzoni suona Debussy “Clair de lune” e Crepet ascolta, in silenzio.
Poi riprende “che cosa cercano i giovani? Che cosa vogliamo noi? Velocità in auto, adrenalina, rischio, droga”.
Cita lo scrittore Elie Wiesel con una delle sue frasi più note: “Il contrario dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza”.
Questa ricerca dello stimolo continuo per se stessi, secondo Crepet è indifferenza nei confronti degli altri, nei confronti della vita. Il problema è che abbiamo smesso di accontentarci di quello che abbiamo e allora cerchiamo i followers per esempio ma quello che oggi ci viene dato non ha a che fare con l’amore.
La felicità, secondo Crepet, come un vestito, non si abbina con la ricchezza, si abbina con le emozioni ma le emozioni non hanno a che fare con il nostro livello di civiltà.
La felicità non si può ereditare, si può ricercare. Forse dobbiamo rimettere in discussione quello che consideriamo civiltà perché non ci sta consegnando la felicità. Noi ci impegnamo tanto a contare quanti miliardi siamo sulla terra e a stabilire a che classe di persone apparteniamo. Ma Amare non è contare, è vivere, non è classificare, è sentire. Bisogna avere il coraggio di portare avanti le proprie idee con la dovuta forza.
Replica è una brutta parola, chi ha il coraggio di fare qualcosa di nuovo non replica, si sforza di creare. Pensare è difficile, è scomodo ma è un esercizio creativo. La banalità la fa un algoritmo.
Parla poi di una insegnante che in una scuola di Mestre ha deciso di abolire i voti. “È tremendo” dice. “Bisogna confrontarsi con i propri limiti per poterli superare. È importante che gli insegnanti diano un voto, i ragazzi devono imparare a gestire i brutti voti esattamente come fanno con quelli belli”.
E invece i genitori fanno di tutto per censurare il brutto e lo spiacevole, perchè i ragazzi conoscano il meno possibile la frustrazione, come se l’umanità godesse del diritto fondamentale di non soffrire. Eppure, spiega Crepet, è attraversando i dolori più grandi che sono state composte le canzoni più belle, che sono state create le opere più elevate.
E infine Crepet ci saluta con un invito ad osare, a non copiare idee di altri, ad essere autentici perchè essere autentici è una cosa rara come anche essere liberi. “Quando vi avvicinerete ad una persona libera vi sentirete meglio e capirete che quella libertà è la vostra cura”.
E’ così che ho scoperto che Paolo Crepet, come Pasolini, non vuole ripetersi mai ma nel tentativo di consegnare una verità importante alle nuove e vecchie generazioni, è costretto a ripetersi in maniera creativa, perché la memoria è figlia della ripetizione.