La lumaca Aplysia, Eric Kandel… e l’arte
«Siamo ciò che siamo in virtù di ciò che abbiamo imparato e che ri-cordiamo», ha rilevato Eric Kandel, premio Nobel per la medicina nel 2000, per aver dimostrato non solo la verità, ma anche i meccanismi di tale sua affermazione. Sono infatti i nostri geni che modificano incessantemente il nostro cervello in base alle esperienze alle quali andiamo incontro.
Psichiatra e neuroscienziato, Kandel ha studiato una lumaca di mare di circa tre chili, che concentra i suoi 20.000 neuroni in soli dieci gangli, dimostrando che il nostro cervello (che di neuroni ne vanta 100 miliardi) è plastico più di quanto non si fosse mai stati disposti a pensare…
Forte della sua scoperta basata sul più rigoroso metodo riduzionista della scienza, e grazie alle più recenti emergenze delle più moderne tecnologie elettromedicali, Kandel è riuscito a rivelare oggi anche diversi aspetti dei “misteri” della creazione e della interpretazione dell’arte figurativa.
Infatti, soprattutto la risonanza funzionale per immagini e l’optogenetica hanno ultimamente consentito osservazioni notevoli, che, in alcuni casi, hanno confermato diverse precedenti ipotesi di neuroscienziati e filosofi.
Le stesse tecnologie, avendo così dimostrato l’indubbia importanza del ruolo del metodo “riduzionista” anche per quanto riguarda l’indagine del funzionamento della mente umana, hanno fornito ad alcuni l’impressione che si possa ormai affermare di aver capito che cosa sia ciò che l’uomo definisce con l’espressione “coscienza di sé”.
Tra questi non c’è Eric Kandel: egli è un neuroscienziato, il riduzionismo è pertanto il suo mestiere, e non può fare a meno di ricordarcelo quasi a ogni pagina del suo libro: ma, pur svelandoci con gli strumenti della scienza alcuni aspetti della “magia” della produzione artistica, Kandel non si lascia mai andare ad affermazioni arbitrarie circa la pretesa possibilità di spiegare la coscienza umana col riduzionismo.
Egli sa bene che, la diatriba tra riduzionisti e antiriduzionisti è semplicemente inutile, essendo basata su posizioni che sono sostanzialmente il frutto di pure illazioni (anche se perfino alcuni ricercatori – cadendo nei tranelli dai quali Bacone e Popper li hanno da tempo messi in guardia – paradossalmente sembrano non accorgersene).
Ma, liberati da questo eventuale malinteso siamo pronti per affrontare la meraviglia della lettura di “Arte e Neuroscienze”, per entrare razionalmente nei percorsi dell’immaginario, e procedere a esperimenti mentali che ci aprono le porte a una più vasta e soddisfacente comprensione dei processi dell’interpretazione dell’arte; processi i quali, contrariamente a quanto coloro che sono invece prevenuti nei confronti del riduzionismo potrebbero pensare, non tolgono nulla alle emozioni che si provano di fronte alle opere d’arte, ma, anzi, le arricchiscono e le completano.
Se ci fosse un premio per la divulgazione scientifica di livello mondiale non abbiamo dubbi che “Arte e neuroscienze” arriverebbe tranquillamente al primo posto…